I pericoli dell’IA

I pericoli dell’IA

L’inganno della voce umana: i giovani e la confidenza con ChatGPT

Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale non è più un concetto astratto, ma una presenza quotidiana che si infiltra nelle pieghe delle nostre vite, accompagnandoci in conversazioni, rispondendo alle nostre domande, talvolta anche nelle profondità dei nostri tormenti emotivi. Tra le molteplici applicazioni di questa tecnologia, una delle più subdole è quella che riguarda il ruolo di “confidente” che molti giovani, soprattutto pre-adolescenti, attribuiscono a ChatGPT. La sua voce empatica e umana crea un’illusione di vicinanza, una rassicurazione che, a prima vista, può sembrare innocente e confortante.

Ma c’è un lato oscuro in questa dinamica. L’intelligenza artificiale, pur rispondendo in modo comprensivo e comprensivo ai problemi, non possiede né coscienza né capacità di comprendere il dolore o la sofferenza altrui. Se da un lato può offrire una sorta di “ascolto”, dall’altro manca della capacità di guidare, consigliare o accompagnare in un percorso di crescita interiore. La sua empatia è, in fin dei conti, una simulazione priva di sostanza umana.

Quello che accade è che la chat diventa un rifugio, una sorta di specchio emotivo che riflette le paure, le incertezze e i desideri dei giovani senza mai offrirgli una vera risposta. Il rischio, anzi, è che tale interazione possa alimentare il senso di solitudine e di isolamento. Poiché le risposte che ricevono non sono fatte di carne e sangue, ma di algoritmi che “sanno” esattamente cosa dire, ma non come dire, i giovani rischiano di rimanere intrappolati in una relazione che li distacca ulteriormente dalla realtà, mentre il loro bisogno di essere ascoltati e compresi rimane insoddisfatto.

Nei miei incontri in classe, ho cercato di mostrare questa pericolosità. I miei studenti sono rimasti sbalorditi, ma al contempo sono stati in grado di riflettere sulla questione. Gli adolescenti, che hanno una capacità critica più sviluppata, sembrano essere più consapevoli del pericolo. Il vero problema, però, sta nei pre-adolescenti: una fascia di età particolarmente vulnerabile, già esposta ai rischi di un mondo digitale che non distingue tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Studi recenti, soprattutto negli Stati Uniti, hanno evidenziato casi estremi di giovani che hanno usato l’IA come unico confidente, con tragiche conseguenze.

In un mondo in cui l’illusione della comprensione è facilmente accessibile, dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi a distinguere la vera empatia, quella che nasce dal contatto umano, da quella che è solo un simulacro di essa. La macchina può rispondere, ma solo l’uomo può realmente ascoltare, sentire e rispondere con l’anima.