Educare all’ascolto

Educare all’ascolto

Da un lato, la parola rappresenta la fonte dell’essere umano, uno strumento luminoso che consente all’uomo di comunicare e di trasmettere la cultura. Dall’altro, secondo Pasolini, la parola può essere uno strumento manipolatorio e di potere.
Pertanto, è necessario preservarla dall’influenza del potere e della mercificazione, al fine di garantire il suo potere liberatorio e critico.

Questo può realizzarsi soltanto in una società che riscopra l’importanza dell’ascolto. Formare all’ascolto è l’unica possibilità per ridare valore alla parola in un mondo ormai dominato dal potere dell’immagine.

L’educazione all’ascolto tende a salvaguardare le facoltà immaginifiche dei bambini, in quanto, in una società ormai dominata da immagini sempre più definite nei particolari e strabordanti di rimandi di senso, si rischia a detta della psicologia della percezione, un graduale affievolimento delle capacità di immaginazione dei bambini. Il suono, invece, mette in moto nella mente del bambino una serie di processi atti a far sì che la mente si trovi costretta a costruire una realtà personale e unica. L’educazione all’ascolto, allora, tende a salvaguardare il pensiero creativo del bambino, che altrimenti rischierebbe di essere schiacciato dalla logica della definizione

La tradizione occidentale post socratica ha privilegiato, distaccandosi dalle sue origini giudaico-cristiane, l’immagine e di conseguenza il vedere. Nel mondo greco la predilezione della vista rispetto all’udito si coglie nella sostanziale identità tra i termini che designano forme e contenuti del vedere e del conoscere. All’idea si riferisce, infatti, l’atto dell’idéin, cioè del vedere; anche nell’etimologia del termine theorìa possiamo trovare un chiaro riferimento alla visione. Quest’uso è sopravvissuto anche nelle lingue latine, dove ciò che è pertinente alla visione diventa anche requisito di conoscenza: prendiamo in considerazione ad esempio termini come evidenza, chiarezza, che alludono direttamente alla completezza del conoscere. Ciò che riusciamo a percepire attraverso la vista sta di fronte a noi: possiamo toccarlo, indagarlo e svelarne tutta la complessità della sua materialità; il suono, invece, nel suo propagarsi, porta con sé le proprie qualità di entità fluida, evanescente, sfuggente, mostrando una complessità e profondità ignote al vedere.

“Bisogna fare come faceva il Cristo dei vangeli, che, appena stabilito un incanto – la pausa contemplativa dopo una parola che poteva essere senza fine interrogata e pensata in silenzio – ne stabiliva subito un altro, che non dava pace.” (Pasolini – La Divina Mimesis)