Umanizzazione
Ogni anno, gli scrutini scolastici riportano alla ribalta l’eterna questione del giudizio. Qual è l’atteggiamento che gli insegnanti dovrebbero adottare per favorire lo sviluppo degli studenti?
Secondo Recalcati, la crisi dell’educazione non è attribuibile solamente al declino dell’autorità disciplinare nel percorso formativo, ma è principalmente una crisi del senso stesso e, più fondamentalmente, di quel processo che si intende chiamare “educazione”. La scuola dovrebbe riflettere sull’istruzione come un’autentica “umanizzazione della vita”, piuttosto che emettere giudizi volti a promuovere o bocciare. Nell’era dell'”evaporazione dei padri”, conseguenza della frammentazione della famiglia, in cui è sempre più arduo comprendere la differenziazione dei ruoli, la scuola si ritrova a compensare l’assenza dei genitori. Assistiamo allo sgretolamento del patto generazionale tra docenti e genitori, con questi ultimi sempre più alleati dei propri figli nel mettere in discussione l’operato degli insegnanti.
Siamo in grado, come docenti, di interpretare questo ruolo? Se la crescita di un adolescente dipende dalla capacità di affrontare e superare ostacoli, e la famiglia, nella sua inconsapevolezza, tende a proteggerli da tali sfide, come dovremmo comportarci? Non credo esista una soluzione universale. Di certo, i voti numerici non contribuiscono all’umanizzazione, ma piuttosto all’addestramento. Ritengo sia essenziale saper essere aperti, cercando di considerare ogni singolo studente come un individuo unico e irripetibile, con le proprie esperienze e caratteristiche, evitando di uniformare il nostro pensiero a formule come: “se abbiamo aiutato lui, allora perché non lei?”. È fondamentale comprendere che la scuola non deve limitarsi a trasmettere nozioni, ma deve insegnare a essere persone migliori. La decisione di fermare un alunno, piuttosto che promuoverlo, deve essere sempre guidata dalla domanda: può questo aiutarlo a diventare una persona migliore?